Stanza dell'Aria

La Stanza dell'Aria ebbe delle vicende decorative alquanto singolari; la prima committenza, oltre a quella dei Camerini dell'America, dell'Africa e dell'immagine dell'Aurora del salone, fu affidata dal principe a Pier Francesco Mola, che iniziò a lavorare a Valmontone già dal 1657. Nel dicembre del 1658 il Mola aveva già terminato la decorazione degli ambienti più piccoli e la stanza dell'Aria era già in corso di ultimazione, poiché manca da dipingere solo l'ultimo dei riquadri in cui aveva diviso lo spazio. Ma il venir meno del principe agli accordi presi con l'artista circa la retribuzione fece si che il Mola abbandonasse il cantiere lasciando incompiuta la volta e citando in giudizio il principe. L'esito della lite appare scontato, il Mola infatti perse la causa. L'artista venne condannato a risarcire i Pamphilj per le spese della nuova pittura e a restituire quel che aveva già ricevuto, compresi gli alimenti. All'inizio del 1659 il principe incaricò Francesco Cozza di scialbare l'affresco, la cui unica testimonianza oggi è solo documentaria. Nell'affresco “buttato a terra” il Mola rappresentò l'elemento dell'Aria attraverso la narrazione di episodi mitologici tratti da opere del Boccaccio e di Virgilio ovvero: Giunone favoleggiata dea dell'Aria in atto di uscir dalle nubi; la Strada lattea; il Ratto di Clori da Zeffiro; Ganimede; l'apparizione dell'Iride a Turno. Dell'alto pregio e bellezza dell'affresco fanno fede due perizie effettuate da altri due pittori: Doughet che valutava l'opera 600 scudi e Cortese che invece la valutava 800. Il successivo affresco fu commissionato a Mattia Preti, un artista estraneo al gruppo che già lavorava a Palazzo Doria Pamphilj. Il pittore ricevette come compenso 300 scudi (la stessa cifra pattuita con il Mola, ma dovendo provvedere in proprio ai colori e alle spese). Questi, in tempi velocissimi, probabilmente sedici giornate di lavoro, portò a compimento la volta forse già pronta per la festa di Pentecoste del 1661. La rottura con gli altri artisti è anche visibile sul piano iconografico; Preti, rispetto agli altri artisti non scelse scene mitologiche da rappresentare ma tratta il tema dell'Aria con figure allegoriche. L'artista rifugge dall'uso di strutture architettoniche miranti ad incorniciare le scene dipinte, ma in questi caso, contrariamente da quanto fatto dal Cozza nella stanza precedente, è il tema stesso della rappresentazione a suggerire la soluzione spaziale; l'aria leggera e immateriale non può essere bloccata in nessuna costruzione architettonica e le figure, tutte alate, si muovono in essa libere e secondo schemi casuali. L'impianto decorativo della volta non ha partiture, ma riceve comunque una scansione in quattro grandi gruppi che si alzano agli angoli. Su elaborati piedistalli dorati, si ergono le allegorie dell'Amore, della Fortuna, del Tempo e della Fama. Al centro della volta in un grande medaglione ovale domina la figura di Giunone tra i Quattro Venti e le Ninfe dell'Aria, sui lati corrono quattro narrazioni mitologiche che rappresentano l'alternarsi delle fasi fondamentali del giorno: il mattino rappresentato dall'Aurora che sparge i fiori dal carro, il giorno con Apollo che guida il suo carro trainato da cavalli alati preceduto da due putti, uno bianco simbolo del mezzogiorno e l'altro nero, la mezzanotte, la sera con l’immagine di Diana ed Endimione, la notte con Luna che dorme.