Personaggi Illustri

In questa parte del sito, vogliamo ricordare non solo quelle persone native di Valmontone, ma anche tutti coloro, che con il loro operato, hanno portato lustro alla nostra cittadina.

Achille Ballarati

Padre di Giuseppe Ballarati, uomo dotato di grande scienza  è stato il primo Sindaco  della Città di Valmontone dopo l’unificazione d’Italia avvenuta nel 1870.

Giuseppe Ballarati

Nasce a Valmotone l’8 Aprile del 1864 Achille Ballarati e Geltrude Bono. Suo padre, ricco proprietario terriero divenne sindaco della città dopo l’Unità d’Italia, avviò il figlio agli studi di legge prima presso il seminario vescovile di Segni, poi presso il Liceo di Ferentino ed infine presso l’Università di Roma. Egli però non diventerà mai un avvocato in quanto fin da giovane si adoperò al fine di aiutare i milioni di contadini, solo perché analfabeti e sfortunati dovevano subire numerose ingiustizie. Per questo motivo fece ritorno al paese natale, dove ancora giovane, ricoprì la carica di consigliere comunale. Durante il periodo trascorso a Ferentino, conobbe una giovane donna, Antonietta De Andreis che sposò ed anche lei  appoggiò e sostenne le idee sociali del Ballarati, tra le tante la più importante riguardava l’assegnazione delle terre ai lavoratori delle campagne e l’abolizione di tutti i privilegi. Ben presto, però, le sue idee in favore dei contadini come la costruzione di ospedali, la ripartizione delle terre agli stessi, pensioni e la costruzione di scuole con istruzione gratuita, attirarono le ire dei potenti e della polizia italiana che lo classificò come un eversivo. Al fine di difendere tutti i contadini che tutto l’anno si “ammazzavano” di lavoro, Ballarati pubblicò e “La Difesa del Contadino”, giornale apolitico sostenuto dagli stessi contadini pubblicato per la prima volta il 15 febbraio 1906  il quale nel giro di pochi anni, raggiunse circa 11000 abbonati. Nelle elezioni politiche del 1909, Giuseppe Ballarati e i sui contadini appoggiarono il Principe Scipione Borghese e il socialista Giulio Volpi in quanto avevano inserito nel loro programma elettorale la costruzione di case coloniche e di ospedali, la promulgazione di leggi sugli infortuni, la costruzione di scuole con istruzione gratuita per tutti i contadini ed ancora l’erogazione di pensioni e l’apertutura di crediti agrari a favore della classe contadina. Nelle successive elezioni politiche del 1913, Giuseppe Ballarati sostenne un contadino di Roccagorga, Antonio Basilico, che però sotto forti pressioni da parte del partito socialista ritirò la propria candidatura alla vigilia delle elezioni. Ballarati denunciò i fatti accaduti incolpando il partito socialista e poi attaccò anche il partito comunista. Fu denunciato, poi processato ed infine condannato a 10 mesi di reclusione e a 3000 lire di multa, ma a seguito di un’amnistia egli non entrò mai in carcere. La disfatta della candidatura di Antonio Basilico, non minò il suo animo anzi, egli indirizzò i contadini a nuove battaglie come la conquista dei municipi. Alle elezioni del 1914 i contadini mobilitati dal Ballarati ottennero il 60 % dei comuni della provincia di Roma. Sonnino, Patrica, Valmontone, Supino, Anagni, Vallecorsa, Roccapriora sono solo alcuni dei municipi conquistati dalle liste contadine. Lo scoppio della prima guerra mondiale non fermò l’opera del Ballarati che continuò a promuovere convegni di contadini a Ceccano ad Anagni e a Roma; Proprio ad Anagni, il 26 Ottobre del 1917, egli fu colpito da dolori lancinanti che lo perseguitarono fino alla morte. Ricoverato d’urgenza in una clinica romana, la morte lo raggiunse il 18 gennaio 1919. La notizia della sua morte giunge a Valmontone il 19 gennaio; dalla finestra del Palazzo comunale sventola il tricolore abbrunato, e a Corso Garibaldi nella sede de “La Lega dei Contadini” al drappo rosso si sostituisce il velo nero. L’Università Agraria, da lui stesso fondata e diretta per molti anni, pubblica un manifesto ricordando le sue opere ed invitava la popolazione a partecipare airiti funebri. La salma di Ballarati trasportata su di un carro trainato da cavalli raggiunse Valmontone alle ore 11 del 22 gennaio, dove fu posta nella bara e portata a spalla da robusti contadini. Alla cerimonia funebre erano presenti tutte le scolaresche cittadine, il concerto cittadino diretto dal Maestro Antonio Castorino, il Sindaco  Antonio Luciani, esponenti della Pretura, dell’Università Agraria, della Congregazione di Carità, la Lega dei Contadini, le Pubbliche assistenze Croce d’Oro e Vittorio Emanuele II e molte altre personalità importanti, ma soprattutto un numero incalcolabile di gente comune appartenente a ogni ceto sociale che fin  dalle prime ore del mattino si erano recate presso la Chiesa della Collegiata. Verso le ore 13 la salma fu trasportata e tumulata nella nuda terra nel cimitero di Valmontone.

Antonio Castorino

Nasce  a  Barcellona  Pozzo  di  Gotto  nel  1873.  Studiò  musica  a  Roma  con il celebre Alessandro Vessella ed è stato direttore della  Banda municipale  di  Roma fino al 1924. È stato maestro della Banda della Città di   Valmontone dal 1897 al 1929. Muore a Roma nel 1937 per tubercolosi.

Giusto Dè Conti

Le origini del poeta sono ancora incerte, c'è chi sostiene che sia nato a Roma e chi sostiene che sia nato a Valmontone. Neppure il suo anno di nascita è preciso, perché alcuni sostengono che sia nato nel 1379, e altri invece sostengono che sia nato nel 1389. La data, come del resto il luogo della sua morte sono noti; morì a Rimini, il 19 novembre 1449.Anche per quanto riguarda la vita del poeta si hanno notizie molto vaghe, Giusto studiò legge a Bologna, e in seguito, gli venne assegnata una missione da parte di Papa Nicolò V presso la corte di Pandolfo Malatesta a Rimini, dove il poeta rimase, al servizio di questo principe, del quale fu apprezzato consigliere segreto, giudice e uditore. Giusto De' Conti fa parte del gruppo degli scrittori che, come Basino Basini, Gianantonio Porcellio, Matteo De' Pasti, Piero della Francesca e Leon Battista Alberti, vissero e rimasero più o meno a lungo nell'orbita de mecenatismo dei Malatesta. Forte era l'ammirazione che Giusto aveva per Francesco Petrarca, che egli considerava modello poetico e pilastro del linguaggio poetico volgare. L'opera più importante di Giusto De' Conti è un canzoniere intitolato “La bella mano”, composto intorno al 1440 a Bologna. Il titolo prende spunto dai frequenti riferimenti che il poeta fa sulla mano della donna amata. L'opera è di imitazione petrarchesca, e in essa il poeta narra la propria storia d'amore  per  la  bolognese  Isabetta, identificata con una certa Isabetta Bentivoglio. “La bella mano”, il canzoniere, è composto da 135 sonetti, 5 canzoni, 3 sestine, 3 ballate e 4 capitoli in terzine. Dell'opera ne uscì un'edizione a stampa, la prima a Bologna, nel 1472. Essa riscosse molta fortuna. Al Canzoniere vennero aggiunte nel 1819 le rime (54 sonetti), scoperte da A. G. Angeletti. Giusto è inoltre autore di altri componimenti, scritti dopo il matrimonio di Isabetta, ispirati dall'amore per altre donne, tra le quali una certa Laura e una certa Vittoria. Quando Giusto morì a Rimini, Pandolfo Malatesta, allora padrone della città, gli fece erigere un fastoso sepolcro nella Chiesa di San Francesco. 

Mario De Persis

Medico che perse la vita all’età di 32 anni il 27 maggio  del 1944  in  località Prato della Madonna mentre si recava a soccorrere un cittadino

Guido Fiacchi

Nasce a Valmontone il 5 Maggio del 1910. Fin da giovane si dedicò all’attività politica valmontonese ricoprendo varie cariche. Tra il 1939 ed il 1941 è stato collocatore, nel 1944 è stato assessore nella giunta istituita dagli alleati, dal 1946 al 1954 è stato giudice conciliatore e consigliere provinciale delle ACLI, dal 1957 al 1960 è stato sindaco, ancora consigliere comunale, presidente dell’E.C.A. ed assessore all’agricoltura. Per l’attività politica svolta è stato insignito della Croce di Cavaliere al merito della Repubblica. Ha condotto studi approfonditi sulla storia di Valmontone, con particolare attenzione allo studio ed alla riscoperta del dialetto e delle tradizioni. Poeta e scrittore, tra le sue opere ricordiamo: “Tera Mara”, commedia di due atti in dialetto valmontonese in ricordo della vita e opere di Giuseppe Garibaldi; “Caccia  di Frodo” dramma di un fatto di cronaca nera realmente accaduto a Valmontone; “Bianca Coda” poemetto che pur raccontando la guerra tra topi e rane è in verità un trattato di astronomia. Morì a Valmontone il 21 Maggio 1987.   

Cardinale Oreste Giorni

Oreste Giorgi nasce a valmontone il 19 maggio 1856 da Luigi Giorgi e Anna Balzoni; gli vennero imposti tre nomi di origine classica (era usanza del tempo che i nati avessero più nomi,spesso quelli di antenati), Tito,Oreste e Alceo.Venne battezzato tre giorni dopo la sua nascita presso la fonte battesimale della Collegiata da Luisa Nardecchia e Raffaele Bianchini, cresimato a soli quattro anni, da subito ebbe un rapporto particolare con la religione, aneddoto curioso e forse rivelatore fu quello avvenuto alla stazione di Valmontone nel 1862, quando con la madre Anna si recarono a vedere il Papa che inaugurava il tratto di ferrovia Roma Frascati dove Oreste rimase abbagliato dalla figura di Pio IX, dicendo così alla madre: “mamma anche il Papa muore?”, “Anch'io voglio diventare Papa!”. Egli iniziò i suoi studi presso il seminario di Segni, e vennero perfezionati poi, presso il Collegio Pamphiliano Romano dove il Cardinale si laureò brillantemente in: Teologia, Filosofia e Utroque Jure. Alla giovane età di 22 anni Oreste Giorgi venne ordinato sacerdote, precisamente il 22 dicembre del 1878. Per diversi anni poi insegnò teologia presso il Pontificio Seminario Romano. Il sacerdote si avvio poi alla carriera diplomatica: egli fu avvocato presso le Sacre Congregazioni Romane, Uditore e Sottosegretario della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, Uditore della Sacra Rota e infine fu segretario della Sacra Congregazione del Concilio. Il 4 Dicembre 1916 fu elevato alla sacra Porpora da Benedetto XV. Morì il 30 Gennaio 1924 all'età di 68 anni. Le sue ceneri furono riposte in un sarcofago, nella Chiesa della Collegiata.

Pietro Antonio Luciani, Vescovo di Segni

Figlio di Leonardo Luciani e Giovanna Piacentini, fu battezzato nella Collegiata il 26 Ottobre 1773 da Don Bernando De Romanis. Studiò presso il collegio Pamphiliano a Roma e dopo l'ordinazione sacerdotale fu mandato a Valmontone dove nel 1801 ricevette dal Principe don Andrea Doria  Pamphilj la nomina di Arciprete della Collegiata. Nel 1813 fu arrestato e chiuso prima a Castel Gandolfo e poi nella fortezza di Bastia (Corsica). Tornato in patria nel 1815 ottenne l'incarico di rettore del seminario dal vescovo di Segni. Il 24 maggio del 1824 Leone XII lo elesse Vescovo della città di Segni. Fu anche abate Commendatario dell'Abbazia di Rossilli(presso Gavignano). Il 12 luglio 1841 presentò le dimissioni della sua diocesi al Papa Gregorio XVI. Morì l'8 dicembre 1844, fu sepolto nel cimitero di Segni e successivamente le sue spoglie furono trasferite nella Cattedrale e collocate nella Cappella di S.Vitaliano.

Padre Annibale Mancini

Padre Annibale Mancini, anche se non è valmontonese di nascita, lo è d’adozione. Fu destinato a Valmontone nel luglio del 1960 e si legò tanto al paese ed ai suoi abitanti da rimanervi per 27 anni contribuendo a molte opere di ricostruzione del convento S.Angelo  diventato la sua seconda casa e al riavvicinamento dei valmontonesi alla carità e alla solidarietà. Padre Annibale ci ha regalato 27 anni della sua profonda umanità e della sua umiltà non solo come padre spirituale ma avvicinandosi ai fedeli come uomo. Lui non era solo un prete, ma come lui stesso si definisce è anche muratore, falegname, sbianchino, fu lui stesso il primo a faticare e a lavorare per rendere di nuovo agibile il convento. Il convento Sant’Angelo era pressoché impraticabile, la chiesa era senza altari, il tetto provocava veri e propri allagamenti, il chiostro senza pavimento era invalicabile, e non esistevano porte, la situazione era tragica tanto che il frate non sapeva da dove cominciare ma grazie alla sua fatica e alla carità dei fedeli già nel 1963 il tetto del convento era rifatto, le navate della chiesa erano rivestite e la strada di colle S. Angelo veniva asfaltata. Questo fu solo il primo passo di un susseguirsi di opere che solo grazie ad un frate, ma soprattutto grande uomo, ridiedero speranze, fede e valori alla comunità valmontonese. Il 31 dicembre 1963 la chiesa che solo qualche tempo prima era quasi distrutta vedeva benedire ed inaugurare un organo a canne con 14 registri e coro di viole; nel 1976  vi veniva collocato  un crocifisso in bronzo dello scultore anagnino Tommaso Gismondi e nel 1987 veniva inaugurata la scalinata moderna a colle S. Angelo con le edicole raffiguranti la nuova Via Crucis. Padre Annibale si spegne nel 1993 lasciando un grande vuoto dentro i fedeli e dentro tutta la popolazione, vuoto colmato però dal ricordo di un grande uomo che ci insegna che se si crede veramente in qual cosa nulla ci è impossibile che sia ricostruire una chiesa o ricostruire noi stessi. 

Umberto Pilozzi

Comunista di 25 anni, chiamato in guerra appena diciottenne. Il 4 novembre del 1924, anniversario della vittoria, non sopportò che il corteo dei fascisti  prevaricasse  quello  dei Combattenti e Reduci e nel disordine scoppiato, in Via Nazionale fu colpito alla testa da una punta di ferro del gagliardetto dei fascisti. Morì la stessa sera.

Angelo Recanatesi

Angelo Recanatesi, nasce a Valmontone il 21 Dicembre 1910, con una forte passione per l'arte recitativa. All'età  di diciannove anni entra nell'Arma dei Granatieri, tre anni più tardi entra a far parte della Gendarmeria Pontificia. Sotto i pontificati dei Papi XI e Pio XII  studia e partecipa a vari corsi di recitazione. Al  Concorso Filodrammatico dell'A.C.I. 1944/45 (Sottofederazione giovanile di Roma) si classifica come  migliore attore e primo attore del corso conseguendo il diploma il 4 marzo 1945. Una volta diplomatosi inizia a  recitare per diverse compagnie teatrali di Roma riscuotendo un grande successo. Negli anni cinquanta Recanatesi decide di rinunciare alla sua passione per un amore più grande: la sua famiglia. Tornato a Valmontone, insieme al fratello Vincenzo rivede le Sacre Scritture e mette in  scena la “Sacra Rappresentazione del  Venerdi Santo”, tenendone la regia per oltre trent'anni.  La Sacra Rappresentazione  acquista una grande  popolarità tanto  da scaturire  l'interesse del regista Ugo Gregoretti che viene a Valmontone con la sua troupe per  firmarla. Presso  il cinema parrocchiale dà vita a molteplici rappresentazioni di teatro amatoriale, trasmettendo la sua passione a molti giovani valmontonesi.